Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
 
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TARANIS

Ultimo Aggiornamento: 10/08/2012 17:15
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Città: MILANO
Età: 38
Sesso: Maschile
10/08/2012 17:15

Questo è il mio bg e le prime 2 skill da paniere.

SEDURRE LIV.1
Questa skill permette di sedurre pg dell'altro sesso. In caso di riuscita, il pg "colpito" proverà attrazione verso chi la usa, potendo essere convinto più facilmente. La skill si basa non solo sulla voce, ma soprattutto sul linguaggio del corpo e l'abilità nel sapersi presentare.

Livello 1: A questo livello il pg ha il 15% di possibilità di riuscire a sedurre l'altro pg.

POTENZA LIV.1

STEP 1: 15% più forza impressa nelle azioni.

Infatti come si nota nel bg Taranis si allena nella forza fisica e ....si relaziona con una donna tremenda. [SM=g27997] [SM=g27998]


BACKGROUND:

"Sono sicuro che tu non mi tradirai mai"
Sussurrai nel suo orecchio, più piccolo del mio, contornato dai crini setosi, di un nero scuro come la cecità.
Disteso su un fianco li carezzavo per interi minuti, godendo di quel contatto.
La radura attorno a noi era protetta dai suoi incantesimi, così era uno dei pochi luoghi dove potevamo stare assieme in totale pace. La mia mano pallida, le mie dita sottili facevano un meraviglioso contrasto sulla sua carnagione cupa come il bosco fitto dove viveva.
Mi bastavano le sue labbra, il tocco delle mie sulla sua fronte, il contatto dei nostri corpi, per svanire insieme a lei, lasciando indietro il mondo.

Nel mio caso tuttavia il mondo era tutto.
Era il reame elfico al quale appartenevo, l'armatura di guerriero che indossavo, la spada migliore di tutte le terre a noi conosciute, un'epica arma di luce ardente, una seconda epica spada della magia illusoria. Il trono su cui sedevo e la corona di foglie d'oro d'eleanor attorno al capo.
Non avrei mai dovuto dimenticarlo.

Quando nacqui fu nella gioia, in una di quelle rare elfiche famiglie che nella loro lunghissima vita ottengono la benedizione di un erede. Appartenevo a un casato nobile che da sempre tramandava le cariche a chi vi apparteneva, così la mia giovane vita di virgulto elfico, con quella sicurezza, la passai in piena armonia, appassionandomi dapprima molto giovane al canto e allo strumento di un liuto, infine passando ai giochi con i miei parirazza coetanei nella scherma, nella preparazione delle numerose feste.
Tutto era una festa per me, la mia spensieratezza fu totale, la devozione verso i miei genitori e l'orgoglio che io nutrivo io per loro e loro per me mi spinsero a considerare sempre la vita come un dono meraviglioso. Nulla poteva scalfirlo, ne ero certo. Perchè tutto ciò che avevo era tutto ciò che potevo desiderare.
Ero la persona più felice sulla terra e non avevo alcun desiderio.

Non avere desideri è qualcosa di bello. Monotono però.
Quando si desidera ciò che è buono, ciò che è migliore, si dà a se stessi un impulso molto più vivo e reale, assai più nobile della stasi. Ma moderarli i desideri, mitigarli di pazienza, forgiarli nella calma e nella virtù è qualcosa che ancora non avevo imparato.

Mi sforzai di farlo.
Iniziai a desiderare di impugnare la spada e l'ardore che accendeva i miei movimenti era una danza, un'estasi tale da lasciarmi andare a lunghi pomeriggi e lunghe mattine di solo addestramento.
Era il mio corpo che addestravo. Lo allenavo a essere qualcosa di diverso dai miei compagni. Lo allenavo a sfruttare non solo l'agilità che la mia stirpe possiede, ma la forza, la potenza, che intendevo usare per migliorare quel luogo dove vivevamo, le nostre tradizioni in cui credevo.
Quando potei mi fiondai nelle battaglie e combattemmo. Io, i miei compagni, dei quali morirono molti, uno dopo l'altro caddero. Imparai l'odio per i nemici: i goblin, gli orchetti, i crepuscolari, come chiamavamo ogni gente della notte.

Mi sembrava di conoscere ogni cosa. E invece non sapevo niente.

Un giorno sfidai a duello un altro elfo. Non seppi mai il suo nome. Lo feci per orgoglio, poichè insisteva nel dire che io ero scriteriato e folle nel mio combattere, che ero peggiore dei nemici contro cui ci dedicavamo.
Non capivo quelle parole, ma la rabbia ardeva nel mio corpo e combattei con tutto me stesso. I miei colpi erano potenti e precisi...ma quelli di lui erano più precisi ancora, più potenti ancora e più veloci.
Senza neppure accorgermene fui a terra, con il viso nel fango, la lama fredda che impugnava, un pò troppo vecchia e grossolana rispetto alle mie splendide armi elfiche, era solo una sottile linea fra la vita e la morte, che mi premeva gelida come la carezza di una lingua, ruvida e indesiderata, contro la gola. Un rivolo di sangue mi bagnò il collo e lo maledissi fra i denti.
Ma non trovai la morte: quando la lama si ritrasse capii che lavare nella mia onta quell'affronto gli era bastato. Oh se bastava...non avrei provato tanta vergogna se solo fossi morto allora!

Quando giurai vendetta ad alta voce, mi colpì sul viso, tanto forte che sentii appena la sua voce, lasciarmi quel messaggio che non potrà scordare mai.
Mi disse "Dimentica la tua furia cieca e impugna un nobile furore. Annienta l'odio in te stesso prima che lui annienti te; sconfiggi la tua paura prima del tuo nemico. Combatti per la virtù e non per te stesso. Solo allora potrai affrontarmi e vincere."

Assaggiai il fango quel giorno e scoprii che era più dolce del veleno che stava nel mio cuore. L'orgoglio inutile e arido spezzato, in cambio di un onore lucente e puro fu la mia medicina.

Da quel momento in poi non addestrai più soltanto il mio corpo ma la mia mente. La allenai alla conoscenza, alla virtù, alla passione e non al rancore, all'odio e alla sete di sangue, neppure se ero nel giusto.
La morte non divenne più uno strumento per punire e prevaricare, ma un dovere verso chi offendeva se stesso precipitando nel caos e nel male.

Non per mio desiderio divenni Sovrano, fu la sorte a darmi quel peso, a posarlo sulle mie spalle. Mi elessero Signore della Luce e delle Illusioni, perchè la luce dei miei occhi era una fiaccola a guidarli e l'illusione che sapevo dare di un mondo ideale sembrava reale ai loro occhi. Era il nome delle mie lame e un titolo onorifico ma anche amaro, perchè sulle loro bocche somigliava a un'utopia quel che io vedevo come l'unico futuro possibile: la giustizia, la verità, la virtù.

Venne uno dei periodi più luminosi per noi, eppure anche dei più dolenti.
Una guerra infinita contro esseri oscuri, una guerra feroce insanguinava le nostre terre.

Combattevo con i miei sudditi quel giorno, quando mi imbattei in lei. La mia spada fu sul suo petto, premeva la punta sopra al suo cuore, il giorno che conobbi la Pietà. Non osai affondare.

Lei divenne tutto per me. Eppure era nulla. Era la luce che mi sfuggiva dalle mani, era l'ombra che non conoscevo, era l'illusione di una vita diversa e la realtà che vivevo ogni istante. Quella sua aggraziata, affascinante diversità mi attraeva come una falena verso le fiamme.

Era un'incantatrice potente, con un altro più eccezionale talento nei poteri sulla natura. Allora non capivo che essi non erano malvagi, come tutti dicevano, ma che era lei e l'uso che ne faceva a renderli tali. Ma era anche la signora degli Oscuri, la Sovrana dei Crepuscolari.
Mi lasciai cadere fra le sue braccia e persi me stesso.

Quando mi risvegliai dalla mia stessa Illusione...era troppo tardi.
Lei aveva preso le nostre terre, aveva distrutto i cardini del nostro reame. Aveva fatto a pezzi lo splendore della nostra cittadina, i candidi marmi giacevano in pezzi nel fango come ruderi.
La sua dolcezza che tanto amavo era divenuta rancore, la sua devozione verso di me era divenuta dileggio, il suo rispetto era odio.

Tutto ciò che avevo era perduto. Tutti coloro che conoscevo e amavo avevano trovato un'altra terra e se ne erano andati.
Fu in quel momento che compresi il mio errore. Era nella pietà....perchè l'unica pietà esistente per il male che non si redime è la distruzione del peccato della sua esistenza.
Avevo sbagliato nel riporre fiducia, avevo accecato me stesso per il solo piacere spensierato.

Fra la mia gente avevo imparato il significato di ogni piccolo gesto in un modo molto diverso, avevo oblìato il resto del mondo e in un lampo avevo abiurato la mia stessa essenza.

Non ero poi meno colpevole di lei.

Finalmente ne divenni consapevole, innanzi all'urlo della mia gente, la mia spada d'illusione si spezzò. Quando rividi Lei, era trionfante, permeata di oscuro potere.
Feci come aveva detto quel mio unico maestro, l'unico che mi sconfisse nella mia vita e la investii della mia ira, della mia luce,dell'incanto della sola arma rimastami, con tutto me stesso, nell'unico modo che fosse Giusto.

Quando fu perduta, arsa nella mia fiamma di luce che una sola volta seppi usare, quel potere contenuto nella mia seconda epica spada la frantumò e cadde in cristalli sopra le ceneri di colei che avevo ucciso. Mi ferì le mani ma più ancora il cuore, eppure non caddi in ginocchio nel rimpianto. Mi rialzai.

Volsi le spalle a quelle terre, con tutte le mie tradizioni, la mia determinazione e qualcosa in cui credere: un Ideale da costruire.

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