Da dove iniziare? Quale cosa io sia stata prima? Una figlia, di nobile Casata, educata secondo il mio rango, una sorella minore per i miei fratelli, un'amica.... Il fiorir della mia infanzia è stato dedito di molte cose, tante, allegre e piccole sfaccettature della mia piccola vita... Seguivo mia madre, guaritrice del villaggio, da lei piano appresi una sottil arte..., devozione, amore verso una saggia madre e guida, gioia nel compiere quei piccoli gesti da fanciulla.... Nei liberi momenti con i miei fratelli andavamo a giocare sul fiume, allegri nelle acque fredde ci tuffavamo e nuotavamo, giocavamo, spesso li osservavo nei loro allenamenti, addestramenti, ridendo di quei buffi gesti....
Cosa mai spezzare questa serenità? Cosa mai spezzare il mio equilibrio? Si addensano all'orizzonte le nubi dei nemici, risuonano echi di guerra, i miei occhi appena adolescenti si posarono sulle armi che i miei Muindor impugnavano per proteggere la nostra casa, la nostra selva; e li... non erano più divertenti quei addestramenti, non erano più divertenti quei colpi sferzati...Rinnegati, ignette creature che desideravano solo renderci schiavi... Nella tempesta seguivo mia madre, con attenzione, cercando l'erbe per donar cura ai feriti, cercavo qualsiasi cosa per steccare le loro fratture, e inconsapevolmente accumulavo il loro dolore, le loro implorazioni a compiere qualcosa per farlo smettere “..soccorretemi muinthel, donatemi pace...” imploravano, mentre i sergenti ordinavano nuove infermerie... e arrivavano nuovi feriti...
Mi diedero un'arco, insegnandomi l'arte “... devi proteggerli se le difese cadono...” così mi è stato detto, così io ho cercato di fare, quell'orda barbarica avanzava...io cercavo d'isolare la mente, sentinella che proteggeva i malati, cercavo di esser lucida, scoccando piumate a chi attentava alla lor sicurezza..Curavo mia madre, aiutavo i cerusici, scoccavo frecce e intanto tutto si tingeva di macabro...
“...lady poniate fine... aiutatemi...” così i lamenti dei feriti salivano incessanti.. Tediando il mio spirito, e li, in quel maledetto giorno, una volta che uscite dal campo con mia madre per poter ricercare l'erbe, radici e tutto ciò che poteva esser utile per curare quelle ferite, ella venne attaccata, sotto le frecce avvelenate nemiche, la portai di corsa al campo per curarla, “...figlia mia, scappa...” implorava lei, il dardo avvelenato la stava spegnendo, estrassi la freccia e le pulii la ferita, erbe, radici cercai secondo le poche conoscenze che avevo di poterla curare “...figlia mia abbi pietà di me...lascia che le foglie dell'arendar cadano depositandosi alle sue radici...” la strinsi a me, la strinsi più forte che potevo... I Divini aveva abbandonato le sue figlie lasciandole morire... così il mio cuore avvelenato da quel dolore, prese il siero più velenoso e sulle sue labbra poche goccie bastarono per porre fine alle sue sofferenze... non l'ho salvata, la vidi morire così tra le mie braccia... Non l'ho salvata... a cosa sono serviti i suoi insegnamenti se poi l'ho tenuta tra le mie braccia morente?...
Venni così trovata, svenuta dal dolore, accasciata stringente il freddo corpo di mia madre, il veleno somministrato ancor al mio fianco, sarebbe morta comunque, troppo avvelenato il dardo che la colpii, ho solo accelerato la sua morte perchè non potevo vederla soffrire... un'urlo tra le fila si elevò “...Traditrice...” per loro avevo condannato mia madre, l'avevo assassinata e forse, era vero, venni esiliata da quelle terre, condannata a quel dolore che mi avvelenava l'anima... non so cosa sia stato di mio padre o dei miei fratelli, piano divenni vagabonda, eremita, zingara... ma quel dolore non abbandona il mio cuore, forse hanno ragione loro, ... questa la mia condanna, il dolore, il suo ricordo. lei morente tra le mie braccia, il dolore di non averla salvata...