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RUHIN

Ultimo Aggiornamento: 26/09/2012 21:44
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Sesso: Femminile
26/09/2012 21:44

bg
§§§§Sono nata dove la pioggia porta nell'aria l'odore della resina,delle enormi quercie e degli abeti secolari, e dell'erba fresca, in una terra consacrata alla grande Dea rigogliosa donatrice di vita; in una notte in cui la terra è stata macchiata di rosso dal sangue dei suoi figli. Tutti dicevano che ero destinata a compiere grandi cose, quali non si sa, ma conservavano la speranza in tutte le nascite di quei giorni. Nei miei occhi risplendeva il sacro fuoco dono dell'eternità, un simbolo, forse un segno e l'inizio di una nuova era, e un destino segnato sin dalla nascita. I suoni dei tamburi e i corni di Eferia echeggiavano l'inno della battaglia sotto lo stendardo dei Nagheon, Le freccie volavano lungo i costoni di rocce della grande cordigliera sotto il Covo dei draghi, e il rumore dell'acciaio cantava l'aspra melodia della guerra. Ovunque da est a ovest si sentivano echi di grida di dolore, di vittoria, di resa, sopravvissuti e sopravviventi mentre il vento trasportava la falce dell'Oscura Signora senza alcuna distinzione tra i vinti e i vincitori. Fu l'ultima grande battaglia di Eferia. I cercatori la tramandano di generazione in genererazione affinchè il suo ricordo non possa essere perduto tra i granelli della memoria e la storia possa essere maestra per le gesta future. Gli orchi imperversavano a est e i trolls serravano i ranghi a sud del regno nel nome di Nymirios, oscure creature si destavano per invadere il regno dell'ovest Perfino il regno di Gules era sotto assedio. Eferia vacillava, ma l'abilità degli elfi ebbe la meglio e lo stendardo dei Nagheon sventolava vittorioso all'eco di gioia delle sue legioni, fu la fine che segnò un prospero inizio per il regno di Eferia. Ogni volta che nasce un cercatore è scritto che questi deve vivere tra le braccia di Fehir per tutto il suo primo ciclo di vita, egli consacrato alla natura verrà affidato alla foresta per imparare a conoscerla e apprendere da essa i segreti della vita e della morte. Ero molto giovane quando fui portata nel grande bosco sacro, la mia vera casa, ancora la terra piangeva i suoi figli morti in battaglia, perfino i miei fratelli. Ricordo ancora il volto di mia madre triste ma consapevole allo stesso tempo. Infondo anche lei ha compiuto la stessa strada prima di me e sua madre prima di lei "ciò che io sono tu sarai, ciò che io ero tu ora sei". Ho imparato ad ascoltare il battito della foresta, e camminare accanto a lei giorno dopo giorno, passo dopo passo, sono caduta tante volte, e tante altre la Grande Madre mi ha risollevato prendendomi tra le sue braccia e cullandomi col suo canto benigno. E avevo trovato una seconda famiglia, assieme agli altri cercatori che vennero lasciati come me affinche il loro destino si compisse. Alcuni non sono riusciti a compiere il loro ciclo abbandonando la loro esistenza terrena, altri sono divenuti più forti di me. Fehir è allo stesso tempo tempo spietata e dolce con i suoi figli, e da essa ho imparato a difendere e proteggere l'equilibrio. E così quando un cercatore finisce il suo apprendimento, e ha conosciuto tutti i sentieri che conducono a Fehir attraverso la vita, la morte, l'equilibrio e gli elementi della natura, è pronto a compiere un nuovo ciclo vitale, ed è pronto a far ritorno nei luoghi in cui è nato, memore di ciò che ha appreso per tutto il resto della sua esistenza. E così un nuovo apprendimento ha inizio. Sono tornata a casa un piccolo villaggio di Cercatori, nulla era cambiato dal giorno in cui l'avevo lasciata. Mio padre e mia madre infondo continuavano le loro esistenze come protettori dei Nagheon, la mia famiglia ha sempre servito la corona, combattendo tra le fila delle loro legioni da quando esiste la nostra memoria. Un Berihandir un protettore dell'equilibrio e del regno, Natura e Regno, fu così che fui iniziata all'arte della guerra. Buone braccia e mente, un protettore deve essere questo, non deve avere pensieri mentre scende in battaglia, difendere la propria terra a qualunque costo, non avere nessuna pietà per il nemico, difendere con qualunque mezzo, razionale e sempre lucida. Una macchina da guerra, anche se io non volevo diventare una guerriera. In quel periodo della mia vita ho vissuto a palazzo, è li che ho conosciuto mia sorella, la principessa Maeve, in qualche modo dovevo proteggerla, è una storia che si ripete, un protettore e un Nagheon, fin da quando sono piccoli. e così siamo cresciute insieme sostenendoci a vicenda. Fu il ciclo migliore della mia esistenza, una vita spensierata, fatta di sacrifici ma anche di gioie, conservo i migliori ricordi del mio tempo, e ogni volta che vedo Maeve mi vengono in mente più vividi di prima. Un protettore è nato per vegliare sulla vita del regnante finche ha vita propria, ancora non comprendo la causa che vede strettamente connessi un Cercatore e un Nagheon, ma seppure lontani, ho compreso che questo legame va oltre ogni scibile e ogni ipotesi possibile. Credevo che la mia vita continuasse uniforme al fianco di mia sorella, ma il destino a volte, come spesso amo ripetere, tesse trame dai contorni inaspettati. Una notte mentre passeggiavo nel porto di Gules, la mano del destino ha fatto in modo che io venissi strappata dalla mia terra e condotta su luoghi inesplorati delle terre del regno di Midgaard. Ho lottato con tutte le mie forze per sfuggire ai mercenari che mi hanno sequestrata, ma ogni tentativo è andato perduto, erano tanti e molto più forti di me, forse quel giorno ho disonorato la mia famiglia per non essere riuscita a sfuggire, è tutt'oggi il mio più grande rammarico. Sono stata legata e percossa per lungo tempo, e segregata nella stiva della nave assieme agli animali in gabbia come loro. In prigionia assieme ai miei fratelli inferiori anch'essi privi di colpa per essere stati strappati dalla loro casa. Ogni tanto scendeva uno di loro per portarmi da mangiare, mi osservava come se stesse osservando una creatura orribile "con lei faremmo tantissimi soldi.. diventeremo ricchissimi". E io li maledivo nella lingua dei miei avi, ogni notte pregavo Fehir affinchè quell'incubo avesse fine e mi donasse la vendetta che desideravo con tutta la mia anima. "Moriranno!" passarono alcune lune prima che i miei occhi rivedessero la luce, prima di rendermi conto che ormai la mia terra era lontana e viveva solo nella mia mente. Fui venduta come schiava a uno strano umano che vedeva bizzarra e fuori dal comune una creatura come me. Forse non era a conoscenza del nostro mondo, mi trattava come un fenomeno da baraccone, un essere anormale. Nessuno dovrebbe vivere in schiavitù, uno schiavo non produce, non è niente, non vale nessuna moneta, e la lussuria degli sciocchi uomini è cieca, non comprendono che la vita servile porta al niente e il benessere non è duraturo. Il giorno che si troveranno col sedere dinnanzi alle fiamme dell'inferno non comprendenderanno che ci sono finiti grazie alla loro cupidigia. Mai come allora ho capito il motivo per cui i miei simili odiano gli umani. Il loro unico dio è il denaro, e se ne fregano del resto del mondo, l'importante è che stiano bene loro, a loro non importa il destino del resto delle cose che li circonda, non vedono un palmo oltre il loro orribile naso. Il mio padrone era uno di questi, un umano della peggior specie. Dovevo prostrarmi dinnanzi a lui, lavarlo accudirlo infangare le mie mani nella sua sudicia pelle. e dentro di me pregavo affinche i miei giorni avessero fine. Mi chiedevo il motivo per cui Fehir mi avesse condannata ad una simile esistenza. Ma un comune umano non sa che la vita di un elfo è eterna, sciocco e impotente mortale dinnanzi al tempo che scorre, il mio volto rimaneva sempre lo stesso.. quello di una giovane fanciulla il suo era scavato dalla vecchiaia, No la Grande Madre non mi aveva abbandonata, così un giorno le catene che mi tenevano legata alle caviglie e i polsi furono spezzate e le mie mani affondarono quella pelle umana un'ultima volta per portargli la morte, una gradita alleata. Lo strangolai e lo lasciai morto nel suo letto di seta. Il suo destino si era concluso per mano di un elfa. patetico e stupido mortale! Riuscii a scappare da quella casa, da quella città, portando con me qualche arma e tutto il denaro che ero riuscita a racimolare durante la fuga. Ma dove andare? quella terra non era la mia, chiedevo alla gente quale fosse il porto più vicino, cercavo nei volti delle persone tra quegli stupidi umani se ci fosse qualcuno simile a me, e poi dopo i piccoli villaggi ci fu il deserto. Non mi ero mai spinta oltre le terre dei tre dei, non sapevo dove stavo andando, la mia ancora di salvezza sarebbe stata quella di ritrovare il mare, e forse con un po di fortuna quei mercenari che mi avevano rapita. Li avrei uccisi di una morte lenta uno per uno. Ormai vivevo alimentata dall'odio, una parte di me che la mia anima semplice non conosceva, seppure nata per diventare guerriero. Il mio solo pensiero era quello di uccidere coloro che mi avevano strappato al mio destino, chissà cosa stava facendo Maeve. Non ho saputo camminare al suo fianco e mi ritrovavo in una terra sperduta sconosciuta perfino a Fehir. Rimasi sempre sul limitare dei sentieri il più possibile al riparo da occhi indiscreti, avvolta nel mio oscuro mantello, il cappuccio sempre calato perchè non si potesse vedere la mia vera natura, ma solo gli occhi. Sono stata costretta perfino ad apprendere il loro orribile linguaggio per poter comunicare con loro. Diverse lune ormai erano trascorse, e più trascorreva il tempo più il mio odio cresceva. Finalmente riuscii a trovare una città che si affacciava sul mare, la chiamavano Città di Sabbia, perchè le abitazioni erano fatte di sabbia e fango e avevano il colore della terra. Per la prima volta vidi la fine di quella terra sconsacrata. Fu una sera, in una taverna del porto di quella città che conobbi Lui, l'unico della mia specie esistente in quel posto. E' incredibile come il richiamo del sangue nel riconoscere i propri simili sia così forte da distinguerli tra una moltitudine di persone, e lui era la, col cappuccio calato seduto al bancone di quel locale, beveva del sidro, imprecando l'oste, Il suo odore inconfondibile, le sue mani, un figlio di Fehir un altro cercatore! quasi gli occhi si colmarono di lacrime che dovetti trattenere a stento; forse lui mi aveva già notata, ma io non mi feci avanti, almeno non quella sera. Decisi di seguirlo in silenzio, avevo con me ancora molto denaro, tanto da permettermi di cercare una modesta sistemazione tra tutte quelle cianfrusaglie umane, ovviamente in una posizione da cui potevo spiare tutte le sue mosse. Lo seguivo da diversi giorni, finche un giorno mentre egli si apprestava a far finta di entrare in quella taverna a sua volta mi seguì. *Mae govannen areldar* fu la sua prima parola. Pensava fossi un elfo ma quando prepotentemente mi tirò via il cappuccio fu sorpreso, non si aspettava me. Da allora i nostri destini si incrociarono, entrambi desiderosi e speranzosi di poter un giorno far ritorno nella nostra terra di origine Eferia. La Grande Madre mi aveva fatto un altro dono e forse quello più inaspettato. Egli era un soldato, partito assieme ad un piccolo contingente per prestare i suoi servigi ad un nobile che a sua volta aveva prestato aiuto ad Eferia, ma anche su di lui si abbattè una sorte funesta che lo portò a sopravvivere in quella terra desolata speranzoso di fare ritorno. Un sicario, un guerriero a pagamento.. si faceva chiamare Suulime, che nella nostra lingua significa vento, ma il suo vero nome è Eoder, e apparteneva alla mia stessa gente. Purtroppo l'unica via per chi ha appreso l'arte della guerra è quella di continuare a servire la sua signora, come può. Io non volevo dare troppo nell'occhio e in quella città presi a lavorare presso uno speziale, la conoscenza delle erbe e della natura mi portò a curare le persone deboli, attenuando il mio odio verso gli umani, imparai a distinguerli, ci sono umani colmi di denaro e privi di scrupoli, e uomini che li servono vivendo in condizioni modeste talvolta misere. Ma la notte ritornavo ad essere quella che ero: una guerriera. Col tempo Eoder divenne mio marito, e quella che sembrava un'esistenza serena ci regalò due figli forti e sani Valinor e Elasmin, allevati secondo le usanze dei nostri avi e con le giuste discrezioni e accuratezze affinchè non venissero riconosciuti come elfi. Eravamo felici, sebbene non stessimo vivendo nella nostra terra. Ma il destino mescolò nuovamente le carte della mia esistenza, e finalmente la Grande Madre riportò a me quei mercenari uno per uno, oramai vecchi e decrepiti. Un servo un giorno entrò nella bottega dove lavoravo e che ormai era diventata mia, e mi chiese di recarmi presso il suo vecchio padrone, per alleviare le sue sofferenze. Come sempre mi recai presso il malato in questione, il suo odore, portava ancora quel disgustoso odore di lerciume. scoprii il capo mostrando il mio volto a colui che era il mio vecchio carceriere, no il tempo non aveva mutato il mio viso nemmeno di una virgola, stupito e incredulo mi guardò chiedendosi se fosse un gioco del fato. Mi feci dire tutti i nomi e dove vivessero. Mi raccontò per filo e per segno la sua vita, e quando ebbi raccolto le informazioni necessarie, egli capì che il suo tempo era giunto, lo soffocai senza lasciarli un atomo di ossigeno in corpo. "non ho potuto fare nulla per lui, evidentemente è giunta la sua ora" replicai al servo prima di uscire da quella stanza con le orecchie ben celate nella mia folta chioma. Quella sera costruii il piano della mia vendetta, ne parlai a mio marito, donando a lui nuova speranza, perchè colui a cui segnai la fine dei suoi giorni, mi diede informazioni preziose per ritornare a Gules, ma tali, dovevano essere completate anche dagli altri componenti. Di quella ventina di uomini, solo 10 erano ancora in vita, gli altri il Fato li ha portati via prima che vi arrivassero le mie mani. alcuni vivevano in villaggi vicini altri in posti più lontani ma facilmente raggiungibili. La mia vendetta si compì caddero uno dopo l'altro, finalmente Fehir aveva esaudito le mie preghiere. Non c'è onore nell'uccidere persone inermi. Ma era tale l'odio che nutrivo per quei luridi umani da rendermi ceca e sorda verso tutti gli antichi insegnamenti, dovevano pagare dal primo all'ultimo per avermi fatto vivere parte della mia esistenza sotto il giogo della schiavitù, e io esigevo le loro vite. Quando anche l'ultimo dei 20 mercenari cadde, io ebbi raccolto tutte le informazioni per tornare a casa, avevo tra le mani tutte le rotte, e tutte le varie destinazioni tappa per tappa per arrivare fino a Gules, nomi di città di isole, di mappe e coordinate geografiche, non restava che una cosa, trovare una buona imbarcazione che potesse fronteggiare un viaggio così lungo e complesso. Eoder ne era entusiasta, anche se entrambi ormai abbiamo vissuto in cattività per un lungo periodo, eravamo desiderosi più che mai di far ritorno. Le vite che avevamo intrapreso non erano adatte per noi, ci misimo qualche luna per assemblare tutto ciò di cui avevamo bisogno. e trovata una buona imbarcazione, con la scusa di trasportare mercanzie al porto di questo famoso posto che si chiamava gules, con un equipaggio di uomini onesti, diversi da guerrieri e mercenari, ma semplici marinai, riuscimmo a partire, affidando ancora una volta la nostra vita nelle mani della sorte. Attraversammo numerose città numerose isole, il viaggio si rivelò essere più lungo di quanto potessi pensare, e mentre i nostri uomini erano sempre più ansiosi di poter arrivare a destinazione, noi invece fummo colti dal timore di non essere più degni di calpestare nuovamente quelle terre. I nostri animi erano alterati, Odiammo così tanto gli umani da macchiarci di delitti inutili, seppure dettati dalla sete di vendetta o per lavoro. Ma era stata Fehir in momenti di maggior sconforto a non abbandonarci, e i nostri figli crescevano in salute e forti, e presto avrebbero riabbracciato i loro simili, "per un futuro migliore" ripetevo sempre, mentre vedevo il sole calare dalla prua dell'imbarcazione. Un altro ciclo stava per concludersi solo che io ancora non ero consapevole. Una notte si abbattè una forte tempesta su di noi, quando ormai eravamo giunti all'ultima tappa del nostro viaggio, fu come un fulmine a ciel sereno forse una punizione della Dea? La mia vita fu di nuovo segnata da un triste epilogo. Non ricordo molto di quel giorno, forse perchè la mia mente non vuole forzatamente ricordare. Quella notte fui strappata per la seconda volta all'affetto dei miei cari. Mi svegliai in uno stato confusionale sulle rive di una spiaggia. Fu una mezzelfa a trovarmi, un mio simile, finalmente altri esseri diversi dagli umani. E forse non ero tanto lontana da casa. Passai diverse lune in preda al delirio. Eoder, Valinor, Elasmin, li persi per sempre. Il mio cuore non si è mai dato pace, non li ha mai smessi di cercare ogni notte li cerco nei miei sogni ancora oggi. Non so se vivono o se sono morti. E' il mio dolore più grande. Ogni notte prego Fehir affinchè un giorno non molto lontano li riporti sulla rotta di casa. Il mio cuore sente che sono ancora vivi, e io mi aggrappo a questa speranza. La mezzelfa che mi ha trovata si è mostrata estremamente gentile, a lei raccontai parte della mia triste storia. Ma non tutto.. ci sono cose che è meglio che nessuno sappia e rimarranno sepolte affogate nei miei lugubri ricordi. Forse è anche per questo che non mi è stato concesso di fare subito ritorno nelle mie terre. Appresi dalle genti del posto dove sono naufragata le informazioni necessarie per poter arrivare a Gules, quella terra non era molto lontana dal grande porto del regno dell'Ovest, riuscii con un po di fortuna ad imbarcarmi ancora una volta questa volta sperando di rivedere quella città, nella speranza anche che la mia famiglia fosse già arrivata la. Trascorsi ancora qualche giorno per mare, e poi i miei occhi riconobbero quel cielo, quei profumi di terra e di muschio da lontano quella salsedine familiare, il tempio che troneggiava alto sulla collina e la piccola città che prendeva vita attorno a quel porto, i rilievi dei monti in lontananza e le coste scoscese con quei pendii che si affacciavano sul mare. Lacrime amare solcavano il mio viso, miste a una mesta felicità. Quanto tempo era trascorso dal giorno che fui rapita? No, non potevo tornare ancora nella terra dei miei avi, non prima di aver cercato la mia famiglia, non prima di aver purificato il mio spirito, di aver messo fine al mio odio, alla mia sete di vendetta, al mio animo tormentato. Ero felice di essere di nuovo a casa, ma allo stesso tempo triste poichè gli eventi avevano condannato il mio spirito. Trascorsi qualche tempo a Gules rifugendo dalla gente, cercai nuovamente un impiego da uno speziale, in erboristeria, quel ciclo di vita nella città di Sabbia nelle terre di Midgaard mi aveva donato una buona esperienza in materia, Ma il richiamo della foresta si fece più forte giorno dopo giorno. Lo sentivo pulsare dentro di me, un battito frenetico che mi richiamava alla Grande Madre, ben presto capii che non potevo rinnegare ciò che ero: una cercatrice, il mio sangue era quello di un guerriero, ma non ero ancora pronta a far ritorno. Un uomo per la città di Gules, andava blaterando che l'esercito dell'ovest stava reclutando delle guardie ben addestrate, e arruolava indifferentemente donne e uomini. Decisi così di prestare ascolto a quelle parole e mi presentai nella guarnigione della legione dell'ovest. Qui ebbe inizio un nuovo ciclo vitale, che mi riportò sull'antica via dei miei avi, fino a divenire un giorno ciò che sono ora Magister Militum dell'armata dell'ovest. E' curioso come il destino ci riporti al luogo dove siamo nati, e a compiere ciò per cui siamo stati designati. Ed ecco come il legame tra un Protettore e un Nagheon non può essere mai spezzato. Ed eccomi oggi Primo Cavaliere di Eferia, a proteggere la vita della regina Sua Maestà Maeve Nagheon.. L'inizio di un nuovo ciclo vitale. Ma questa è un altra storia.
Porto con me i segni e le cicatrici che il tempo mi ha donato, consapevole di ogni errore, di ogni ostacolo di ogni dolore. Il mio cuore apparterrà per sempre a Eoder, la mia vita ai miei figli, non smetterò mai di cercarli, i miei servigi a protezione di Maeve mia sorella e mia regina. §§§§

Ruhin Berihadir
Protettore
Primo Cavaliere di Eferia.






RUHIN
§we also made of the material wich dreams are made§
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